Quo vadis Ideaitalia ?

Ideaitalia è una pubblicazione periodica a cui l’Alleanza Evangelica Italiana affida informazioni sulle attività in agenda e riflessioni. E fin qui tutto bene.

Chi segue la testata ben conosce come sia sempre stata critica nei riguardi della Federazione delle Chiese Evangeliche accusata di assumere posizioni politiche laddove una istituzione evangelica meglio avrebbe fatto a mantenersi su alti e generali princìpi valoriali. Ricordiamo lo scalpore, il ferro e fuoco per le normative che, per semplificare, indicheremo come delle “unioni civili” o del ‘gender’.

Sembra strano che, molto di recente, una Commissione Etica e Società (dei cui membri non compaiono le firme) abbia prodotto un documento nel quale in politica si scende e come! Intendiamo quella politica politicante e ‘bollente’ che noi italiani divide lacerandoci in gruppi e fazioni dove, come in ogni umano accorpamento, torto e ragione vanno mescolandosi talché non potresti separarle con l’accetta.

E, tuttavia, è proprio un’accetta quella con la quale intervengono gli anonimi articolisti di Ideaitalia deprecando che il Parlamento non sia stato sollecito ad approvare proprio questa legge detta dello Ius soli, che difficilmente il medesimo testo potrà essere approvato nella prossima legislazione, che gli italiani sarebbero da rubricare tra buoni e cattivi, cioè tra i fautori della “cittadinanza protettiva” (che la vogliono) e altri che scivolano nel santificare il “folklore nazionale” (che non la vogliono). In poche righe gli estensori del documento sono riusciti a introdurre una lacerazione tra gli evangelici che va ad aggiungersi a quella già esistente (purtroppo) tra gli italiani. Certo, perché nelle nostre chiese vi saranno pure credenti non persuasi della bontà del testo non approvato dalle Camere, e – concediamolo loro – costoro potranno anche essere gente in perfetta buona fede.

Quando i ‘reverendi’ scendono in politica, la storia insegna, vi sono sempre guai in vista, siano questi cattolici o protestanti. Ma, almeno, i cattolici, con Guseppe Dossetti ci seppero fare e nel 1947 portarono a casa la più fascista delle leggi, quella dei Patti Lateranensi. E così i valdesi pure ci seppero fare abbracciando le scelte della sinistra ma con figure di tutto rispetto e rilievo come Mario Miegge e Tullio Vinay, per fare sono questi nomi. Qui, invece, nel nostro documentino si fa leva su una maldestra citazione da Esodo 12,49 laddove si dice che dev’esservi un’unica legge per il nativo del paese e per lo straniero; ma si dimentica di dire che questa ‘legge’ è la norma rituale sulla celebrazione del pranzo pasquale che obbliga lo straniero che voglia affiancarsi agli ebrei a farsi circoncidere! La sola ipotesi fa venire i brividi a me che temo anche una semplice iniezione, figurarsi…

Incidenti esegetici che capitano quando, in nome del fondamentalismo, si legge la Bibbia stando lontani da un sano metodo storico critico che tale scivolone avrebbe evitato, appunto, storicizzando il brano in questione.

Come la penso io allora? Lo dico sùbito qui ed ora, visto che, pur essendo consigliere di detta Alleanza, di tale Commissione non conoscevo neanche la consistenza e, pertanto, al suo lavoro non ho potuto essere di giovamento alcuno.

Intanto allontaniamoci dalle normative veterotestamentarie, seguendo la raccomandazione di Gesù che esortò a intenderle ben diversamente da una ricezione letteralista. “Ombra di cose che dovevano avvenire”, come afferma Colossesi 2,17. Infatti la nostra riflessione, se vogliamo collocarci nella storia, andrebbe posta nell’età del Nuovo Testamento, in quella pienezza dei tempi che ci rimanda principalmente al kairòs divino ma anche alla società romana imperiale.

Personalmente credo che la principale tendenza della giurisprudenza, nel suo cursus storico, consista nell’adeguamento dei diritti dell’uomo ai diritti del cittadino. Giorno verrà in cui il dittico diritti / doveri verranno applicati all’individuo umano a prescindere dal suolo di provenienza e di arrivo, dal colore della pelle, dalla lingua, dalle religioni, ancòr più dal temibile ‘folklore’. Come cristiano mi auguro che questo giorno venga al più presto e, se fossimo già nell’agostinana Civitas Dei ne gusterei riconoscente la compiuta realizzazione. Ma sta di fatto che anche in questo caso stiamo nel già e non ancora! La legge del Regno di Dio signoreggia già nei nostro cuori, ma non ancòra nelle nostre strade.

L’impero romano nel quale Gesù predicò e, principalmente, Paolo esercitò la sua missione si basava tutto sui diritti di cittadinanza. Il polìteuma (questo il termine greco) delle etnie conviveva con un solido diritto romano, solido, così solido da far ancòra Scuola. Se confrontiamo il quadro normativo lasciatoci dai giuristi antichi con le traballanti sentenze dei nostri tribunalicchi questi ultimi, con i loro codicilli scompaiono come burro al sole. Ma non entriamo nel merito, non ci rattristiamo.

Paolo poté godere a più riprese dei diritti e dei privilegi connessi alla cittadinanza romana. Lui (Rom. 13,1-7) e tutta la sua scuola (1 Pt. 2,13) non si stancarono di raccomandare il rispetto alle autorità che tale diritto produceva e amministrava. Tuttavia quella cittadinanza che più batteva nel suo cuore era quella “nei cieli”, come ebbe egli stesso a enfatizzare ai credenti di Filippi che pure menavano vanto, in un contesto macedone, del loro possesso di cittadinanza romana (Fil. 3,0).

Mentre Paolo percorreva le regioni del Mediterraneo arruolando i suoi ascoltatori nella cittadinanza celeste, l’imperatore Claudio, nell’anno 48, teneva in Senato una memorabile orazione con la quale perorava la causa della concessione della cittadinanza romana e dei privilegi dello Ius honorum ai maggiorenti della Gallia. Oratio memorabile la sua e ben in anticipo coi tempi! Ne abbiamo memoria grazia alla splendida Tabula Claudiana di Lione, un testo epigrafico latino che ce la trasmette.

Mentre Paolo componeva la sua Epistola ai Romani un filosofo che frequentava la corte di Nerone, proprio a Roma, parlava di estensione della cittadinanza a tutti gli uomini, in quanto tali. Tra i capisaldi della filosofia stoica v’era la concezione del mondo come di un’unica città che accomunava tutti, proprio tutti.

Spettò all’imperatore Caracalla, nel 212, promulgare una legge con la quale la cittadinanza romana veniva estesa a tutti gli abitanti del vastissimo impero: la Constitutio Antoniniana de civitate. Il testo del memorabile provvedimento c’è trasmesso da un prezioso papiro custodito presso l’Università di Gissen, in Germania.

Noi possiamo domandarci se Caracalla abbia con ciò voluto spingere verso un’estensione a tutti dei diritti di alcuni oppure, come sembra più probabile, se con il suo provvedimento abbia riconosciuto uno stato di fatto oramai già palesemente consolidato: l’avvenuta romanizzazione dei cittadini delle province dell’impero e, conseguentemente, il loro diritto allo Ius di Roma.

Processo di romanizzazione, dicevo, non certo “folklore locale”. Cosa intendere? Semplicemente: l’assimilazione di quanto di buono (ed era tanto) figurava nelle categorie culturali della paideia greco romana. Mi fermo qui inchinandomi di fronte alla libertà del mio lettore di esprimersi sulle proposte di legge con quella stesso libertà che io rivendico per me, senza paura di scomunica da parte della Ecclesia mater et magistra.

Giancarlo Rinaldi

P.S.: L’epigrafe latina con il discorso dell’imperatore Claudio ora al museo di Lione.

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4 risposte a Quo vadis Ideaitalia ?

  1. paolo brancè scrive:

    Caro Giancarlo , purtroppo non ricevo più IdeaItalia, benchè sia membro dell’AEI. Dalle tue riflessioni arguisco che l’estensore di un articolo riguardante la “Ius Soli, si sia allineato alla insana propaganda istituzionale di dare cittadinanza a “cani e porci”(questo , credo, sia il motivo per cui stai scrivendo. Gentilmente potresti inviarmi il testo integrale di questo estensore appartenente all’AEI?

  2. Il documento della Commissione dell’AEI è fruibile in internet. Io non tanto volevo pronunciarmi sullo “ius soli” quanto sull’inadeguatezza del documento e sul fatto che non si conoscano i nomi dei membri di questa commissione né la sua istituzione né la sua agenda di lavoro; è paradossale che su una questione di tal rilievo tutto sia stato redatto in sagrestia.

  3. paolo brancè scrive:

    Grazie Giancarlo. Ma l’articolo dovrebbe portare le iniziali dell’estensore . Di solito chi scrive in IdeaItalia sono quelli dell’IFED o del CERBI. Di fatto l’AEI è in mano loro

    • Caro Paolo, in ogni documento ritengo dovrebbe esserci la firma degli estensori; specialmente come (ed è il nostro caso) la questione è complessa e non può darsi per scontato che tutti i membri (dell’AEI nel nostro caso) la pensino alla stessa maniera degli estensori. Personalmente io firmo sempre quello che scrivo. Tu asserisci che l’Alleanza Evangelica Italiana sia “in mano” all’IFED o a CERBI. Io credo, spero e prego affinché ciò non sia; e non perché non nutra stima verso queste due Istituzioni, anzi, ma perché se così fosse non si tratterebbe di un’Alleanza bensì di una “cassa di risonanza” (perdona la rima baciata). Dal canto mio credo, spero e prego affinché nell’AEI, intendo nei suoi motori e nella sua testata, siano rappresentate più voci del nostro evangelismo, non necessariamente quelle, per intenderci, riformate o neocalviniste. Un’Alleanza implica una pluralità altrimenti sarebbe un caso di aliud pro aliquo.

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