Un ricordo di Domenico Maselli

Oggi parlo bene di Domenico Maselli. Mi è agevole farlo perché la sua persona e l’amicizia con lui mi riporta all’epoca della mia giovinezza a Napoli. Il pregio del personaggio non è consistito soltanto nella sua enorme competenza in materia di storia del protestantesimo italiano ma nell’esser lui stesso ponte tra l’anima ‘storica’ di questo e l’altra, per così dire ‘evangelicale’. Lo ricordo giovane, al Vomero (abitava per esser precisi al limitrofo quartiere dell’Arenella) attivo frequentatore e predicatore nella comunità guidata dal pastore Vincenzo Napoleone. Proveniva dalla frequentazione delle Assemblee dei Fratelli (che sempre rimasero nel suo cuore); poi fu un ‘apostolo’ di “comunità libere” nell’entroterra napoletano; consacrava le sue domeniche a predicare anche a un gruppetto molto esiguo di presenti, dopo una settimana massacrante in treno tra Napoli e Firenze, dove iniziava a lavorare come assistente di Spini. Andò poi via da Napoli e le nostre frequentazioni si diradarono, ma quando si aveva l’opportunità i nostri discorsi erano immediatamente profondi. Aveva la consuetudine di invitarmi ogni anno accademico al suo corso fiorentino per farmi svolgere un seminario di cristianesimo antico, poi si pranzava con gli allievi, un appuntamento che mi era caro. Ricordo sul lungarno le sue confidenze nell’imminenza di scegliere se ‘gettarsi’ in politica; era molto incerto e, per quel che poté valere, il mio consiglio fu di dire sì al fine di arrecare stile nuovo e onestà in quei mefitici ambienti: così fu. Da parlamentare collocato a sinistra ricordo lo sfogo di cui io fui confidente in merito alle politiche che la sua stessa parte adottava in materia di scuola e università: non dimenticherò mai il suo panegirico di Giovanni Gentile, della sua politica accademica e del suo sapere filosofico. Maselli era uomo che volava al di spora delle parti e non badava all’etichette ma alla sostanza. Avrebbe potuto dire e dare molto più al fine di realizzare il suo grande sogno: l’unione o, almeno, la federazione di tutti i credenti evangelici in Italia… se gli avessero in ciò dato più auctoritas e potestas. Approdò alla chiesa valdese, ritenuta un po’ la ‘madre antica’ del protestantesimo italiano, ma senza rinunciare al suo stile di predicatore di risveglio. Tra la cattedra universitaria e la poltrona parlamentare non aveva dubbi, privilegiava l’impegno a favore delle minuscole comunità evangeliche. L’immagine di lui che mi è più indelebile non lo ritrae in toga sul pergamo, né in parlamento, né in cattedra ma nelle stradine di Napoli presso la ferrovia mentre trascinava, con il suo corpo provato dalla malattia ma sempre energico, caterve di libri da leggere. Grazie, fratello Mimmo, Dio benedica la tua eredità tra noi e ti abbia sempre presso Sé!

Giancarlo Rinaldi

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