Recensione al recente volume degli Atti del Convegno 2015 sulla Buffarini Guidi

S. Gagliano (curatore), Un capitolo della intolleranza religiosa in Italia: la circolare Buffarini Guidi e i pentecostali (1935-2015), Biblion edizioni, Milano 2017, pp. 120.

 

Bisogna essere grati all’Associazione Piero Guicciardini (e agli altri soggetti che hanno concretamente cooperato) per l’organizzazione del Convegno tenutosi a Roma tra il 5 e il 6 novembre del 2015 presso il Senato della Repubblica. Questo volume offre i testi delle relazioni che vi furono tenute. L’Editore, che svolge un lavoro di qualità, ha inserito questo contributo nella pregevole collana Guicciardiniana che ora consta di sei volumi tutti incentrati su temi di storia del protestantesimo in Italia.

Sulla ‘famigerata’ Buffarini Guidi s’era detto già tanto ma l’occasione del suo ottantesimo anniversario era troppo ghiotta per non tornare a riflettervi. Si aggiunga che in questi ultimi tempi si assiste in Italia a un interesse sempre più rilevante in tema di storia pentecostale.

Eliseo Longo, che della Guicciardini è presidente, interviene con una essenziale Introduzione e con un breve testo di cui diremo in sèguito.

Il primo contributo è di Sergio Lariccia, giurista e già docente universitario, riguarda La politica ecclesiastica del regime fascista (pp. 7-25) e quasi offre un disegno generale della ‘culla’ in cui la circolare nacque. La politica di Mussolini verso la Chiesa fu mutevole: da posizioni ateistiche, consone al suo originario socialismo arrabbiato, ad ammiccamenti e patti come, appunto, quella lateranense del 1929. Se vogliamo questo andamento proteiforme costituisce una conferma (ove mai ve ne fosse bisogno) di una regola che riscontriamo ancòra ben vigente: in Italia non è agevole governare senza il placet Vaticano, impossibile (o quasi) farlo contro. Infatti il secondo paragrafo del suo contributo riguarda proprio quei Patti del 1929 facendo poi opportuna luce sulla successiva battaglia tra regime e chiesa a proposito dell’Azione Cattolica e, più in generale, della formazione giovanile ondeggiante tra acqua santa e libro e moschetto. Seguono poche pagine sulla condizione delle minoranze religiose stratte tra la legge sui culti ammessi del 1929 e le norme più restrittive dei codici di polizia. Il contributo di Lariccia, sia pur autorevole, in realtà non aggiunge granché al fondamentale studio di Giorgio Rochat ma è utile come introduzione, come panoramica generale in cui inserire le successive riflessioni.

Carmine Napolitano, che anima la Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose, s’occupa del Movimento pentecostale sotto il fascismo (pp. 27-43). E qui il tema si restringe e viene a precisarsi. Il relatore conosce il pianeta pentecostale dall’interno essendo anche un pastore in quest’area. La ricostruzione delle vessazioni subite è accurata e ben documentata bibliograficamente, com’era da attendersi dalla sua penna. Sorprende tuttavia che a proposito degli interventi di psichiatri negli anni ’30 per valutare il fenomeno di questi entusiasti carismatici si parli piuttosto genericamente di “perizie antipentecostali”. L’espressione calza alla perfezione per quella stilata da Osvaldo Zacchi, ma certamente non per quella successiva del medico provinciale Vincenzo Chierico e del ben più autorevole prof. Sante De Sanctis (un ‘padre’ della psichiatria italiana) la quale limitava i casi di esaltati a una insignificante percentuale e prevedeva che in futuro il movimento, se “diretto da capi intelligenti e colti” avrebbe potuto essere benefico. Inutile dire che Buffarini preferì attenersi alla perizia Zacchi. Paradossalmente il Napolitano si muove in modo encomiabile nella direzione indicata dal De Sanctis, posto che la sua Facoltà costituisce oggi uno strumento specifico di formazione proprio per le guide del movimento pentecostale.

Andrea Becherucci parla di Guido Buffarini Guidi. Un profilo biografico (pp. 45-53). Qui la penna dell’archivista diventa preziosa per il bilanciamento del contributo tra i dati storiografici consolidati e questioni interpretative aperte per diverse visioni dei biografi in merito al grado di coinvolgimento del personaggio nella politica antiebraica del regime. Risulta interessante apprendere dei trascorsi massonici di Buffarini che gli avrebbero fruttato la tenace opposizione di Giovanni Preziosi negli anni bui di Salò.

Una posizione apparentemente eccentrica riveste la relazione di Valerio Tozzi, docente di Diritto Ecclesiastico dal titolo Rapporti Stato – Chiese dalla Costituente alle intese (pp. 55-73). Il relatore, con estrema lucidità, palesa le incongruenze di una legislazione che, in costanza di comportamento sia pur con forme diverse, discrimina anche oggi i culti non cattolici e incorona la Chiesa Romana quale soggetto assolutamente privilegiato. A poco valgono le intese stipulate da alcune confessioni più ‘potenti’ che si accontentano di un posto comodo sia pur in seconda fila. Triste, invece, e discriminata la condizione di credenti e di gruppi di credenti che rimangono fuori dai privilegi delle intese. Il giurista conclude rilevando che a tutt’oggi manca una legge chiara e definitiva la quale, in coerenza con le libertà e le garanzie della Costituzione del 1947, ponga i soggetti coinvolti nella pratica religiosa su un piano di parità. È difficile dar torto al Tozzi, anche se la sua rischia di essere una voce isolata: chi non è nella botte di ferro costruita dai Patti Lateranensi o gode sotto l’ombrello privilegiato delle Intese è… figlio di un Dio minore e, sostanzialmente, deve disciplinarsi ancòra secondo la legge sui culti ammessi del 1929.

Stefano Gagliano, già dottore di ricerca, promette un tema a più ampio respiro che si candida a essere spina dorsale del volume intero: La circolare Buffarini Guidi e i pentecostali (pp. 75-89). Il testo, in concreto, è una sintesi espositiva delle vessazioni subite dai pentecostali dapprima durante il fascismo, poi dopo la guerra fino al 1955. I dati essenziali sono presentati con chiarezza ma da questi non emergono nodi problematici che ci saremmo aspettati: 1. La politica del fascismo relativa ai protestanti presenta un immutato volto repressivo oppure, come sappiamo che fu, attraversò fasi diverse, accomodamenti determinati da fattori contestuali ed esigenze a loro volta mutevoli? 2. Quale, in particolare, fu il ruolo della Chiesa Romana e quali le strategie da questa adottate? 3. Il concetto sotteso al termine ‘razza’ che compare nella circolare è da intendersi alla luce delle successive leggi razziali del 1938 o, piuttosto, come a me sembra, da tutta una serie di documenti precedenti in cui il vocabolo rende l’idea di “afferenza religiosa (cattolica) di un popolo compatto” (es. Igino Giordani) insieme a quella di “salute pubblica” (es. Nicola Pende)? Certo la Buffarini s’inserisce in una scia di errori e di orrori che culminarono nel manifesto della razza e nella legge del 1938 e, tuttavia, intendere il prima in base a quello che sarebbe stato il poi non è rigorosamente coerente con quel metodo storiografico il quale, al contrario, vuole che sia il poi ad essere spiegato in base a ciò che prima ha avuto luogo.

Utile, oltre che davvero interessante, è il contributo di Paolo Bagnoli su Pietro Calamandrei e la libertà religiosa in Italia (pp. 91-99). Grazie ai dati accuratamente raccolti e qui presentati noi possiamo con più consapevolezza inserire la figura dell’illustre giurista (e uomo politico) nel novero degli intellettuali che negli anni del dopoguerra si spesero a favore della causa della libertà degli evangelici. Non solo: emergono anche i suoi personali rapporti con il mondo valdese.

Il volume si chiude con i brevi interventi del già citato Eliseo Longo (pp. 101-103), di Giuseppe Tilenni Risignolo (pp. 105-108) e di Sandro Oliveri (pp. 109-111). Tilenni, pastore delle Assemblee di Dio in Italia, si rende benemerito per quel suo cenno alla correzione del testo della Buffarini che in età fascista definiva il movimento pentecostale nocivo “alla razza” e in età ‘democratica’ ne proclamava la perniciosità “alla salute fisica e psichica degli adepti”: un capolavoro di equilibrismo ipocrita. L’intervento del parlamentare Olivieri è in sintonia con quello del prof. Tozzi e pure auspica una adeguata legge sulla libertà di religione.

Qualche breve riflessione conclusiva. Meraviglia che nell’intero volume non vi sia traccia alcuna dell’opera della nunziatura apostolica vaticana presso il governo italiano, sia fascista che democristiano. Opera che fu determinante e fondamentale. Mi riferisco a un personaggio del calibro di Francesco Borgongini Duca il cui incarico di Nunzio Apostolico, appunto, iniziando immediatamente dopo i Patti Lateranensi (1929) ricoprì esattamente gli anni di vigenza della Buffarini, talché si può dire che la pressoché contemporanea cessazione del suo incarico nel 1954 e quella del suo dioscuro Mario Scelba, ministro dell’Interno fino al 1955, abbiano segnato il colpo di grazia alla famigerata circolare esattamente nel 1955.

In realtà l’incidenza della Chiesa Romana nella repressione antipentecostale non balza evidente nelle pagine del volume (benemerito, pertanto, il cenno telegrafico di Long alla p. 102). Eppure proprio questa fu assolutamente determinante vuoi nella stesura della Buffarini, vuoi per la sua lunga successiva vigenza. Gli uomini di potere del fascismo, principiando dallo stesso Mussolini, erano del tutto ignoranti in materia di religione e la loro forza la mettevano a disposizione di chi abilmente e in modo raffinato sapeva indirizzarla pur stando dietro le quinte. Questa strategia fu all’opera anche successivamente. Essa spiega la pestifera sintonia Togliatti – Dossetti che nel 1947 determinò la consacrazione dei Patti Lateranensi nella Costituzione della nostra Repubblica Italiana. Spiega anche la lentezza con cui si pervenne ad abrogare la fascistissima circolare soltanto nel 1955: se ai potentati in camicia nera il consenso della popolazione cattolica faceva comodo, non diversamente, poi, per chi si candidava ai potentati della giovane repubblica il voto della stessa non risultava certo scomodo in sede di competizione elettorale.

In definitiva il volume bene fa a ricordarci che il fascismo fu dittatura e che le dittature, con il loro volto di ferocia, sempre aggrediscono in primis la libertà di adorare. Questa è una lezione già avevamo ampiamente appreso, ma che noi non vogliamo e non possiamo dimenticare, noi che nel secolo trascorso siamo stati testimoni delle persecuzioni anticristiane che hanno insanguinato per lunghi decenni i paesi giacenti nell’orbita del comunismo sovietico.

Un altro aspetto è però rimasto nell’ombra, e questo è forse più stimolante per lo storico: attraverso quali meccanismi e con quali motivazioni (palesi e no) un provvedimento come la Buffarini Guidi sopravvisse fino al 1955, in piena democrazia parlamentare, ben dopo la Costituzione del 1948, un un paese gravitante nell’orbita dei protestanti e libertari U.S.A. Forse un altro convegno potrà ragguagliarci su questo tema specifico e fino ad ora non adeguatamente sviscerato. Siamo sicuri che, nel caso, un editore attento e di qualità, come la Biblion di Milano, saprà prontamente gratificarci come ha fatto ora con questo suo sesto, bello e interessante volume della sua Guicciardiniana per il quale gli siamo grati e non poco.

Giancarlo Rinaldi

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